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Notifica e produzione delle cartelle a mezzo pec sotto la lente dei giudici tributari

Mercoledì 26/04/2023

a cura di Dott. Attilio Romano


Anticipare l’incasso delle somme dovute dal debitore e ridurre i tempi per l’avvio delle azioni cautelari ed esecutive.

Nell’esercizio della delega fiscale, ed ai sensi di quanto previsto dall'articolo 16, co. 1, lett. d) n. 1) l’esecutivo intende potenziare l’attività di riscossione coattiva dell’agente della riscossione, anche attraverso il progressivo superamento dello strumento del ruolo e della cartella di pagamento per le entrate da affidare al Concessionario.
Atti esattivi che, come noto, devono rispettare, secondo la normativa vigente, specifiche formalità la cui assenza, se eccepita innanzi gli Organi di Giustizia tributaria, può determinarne la nullità. 
Proprio dal processo di digitalizzazione degli atti in materia tributaria, operante dal 1° luglio 2017, (art. 7-quater, D.L. 22.10.2016, n. 193), che consente all’Agente della riscossione, di notificare via PEC cartelle di pagamento, avvisi di intimazione eccetera, sono scaturite una nutrita serie di nuove eccezioni mosse dai contribuenti riguardanti la regolarità delle procedure di notificazione telematica. 

E’ quindi sorto un significativo contenzioso sulla validità delle trasmissione telematica dei ruoli e sui metodi per impugnarle, tant’è che tra i vizi più contestati figurano i difetti di notifica.
Per esempio, ai sensi dell’art. 26, co. 2, D.P.R. n. 602/73 ed art. 60, co. 7, D.P.R. n. 600/73, viene contestata la notifica se effettuata da indirizzo PEC non risultante dai pubblici elenchi, ovvero eccepita l’invalidità della notifica stessa qualora l’Agente della riscossione produca in giudizio unicamente le fotocopie della cartella di pagamento, della ricevuta di accettazione e della fotocopia della ricevuta di consegna, senza l’attestazione di conformità agli esemplari originali da parte di un pubblico ufficiale a ciò abilitato, ovvero dell’Agente della Riscossione, o da parte del gestore della PEC.

Altra contestazione riguarda la natura del file telematicamente trasmesso se non corrispondente ad un documento informatico integro ed immodificabile (con estensione .pm7) creato previa apposizione di valida firma digitale (“CADES”) in grado di identificare il suo autore e la paternità dell’atto.
Proprio a seguito dell’esponenziale numero di gravami che eccepiscono le violazioni della normativa in materia di notifica degli atti, in questi ultimi anni la giurisprudenza tributaria e di Legittimità sono state ripetutamente sollecitate a pronunciarsi sulla validità delle procedure adottate dall’Amministrazione finanziaria.  

Diciamo subito che le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con Ordinanza 8 febbraio 2022, n. 3901, hanno respinto le doglianze dei contribuenti statuendo che le irregolarità del procedimento di notifica non comportano la nullità dell’atto impugnato se la consegna dello stesso ha comunque prodotto il risultato della sua conoscenza e determinato così il raggiungimento dello scopo legale ex art. 156 e 160 c.p.c.. 
Di segno opposto si registrano, tuttavia, numerose pronunce delle corti di merito, ed in qualche caso anche di alcune sezioni del Supremo Collegio, che censurano alcune delle procedure di notifica digitale delle cartelle adottate dall’Agente di Riscossione che ne determinerebbero l’illegittimità delle stesse1.  
Vizi di notifica che, secondo la lettura interpretativa della giurisprudenza favorevole ai contribuenti, non sarebbero sanabili dalla presentazione del ricorso perché qualificabili in termini di inesistenza giuridica. 


Note:
1. E’ stata predisposta una traccia di ricorso che riassume alcune delle doglianze proposte dai contribuenti che eccepiscono l’invalidità delle procedure di notifica dei ruoli trasmessi a mezzo posta elettronica certificata.
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